gli scontri e la rivoluzione a Hong Kong raccontati dal vivo
Siamo arrivati a Hong Kong pochi mesi dopo l’inizio della protesta nata a inizio Giugno per combattere un emendamento a una legge sull’estradizione in Cina. Questa legge è stata ritirata il 24 Ottobre, ma intanto il malcontento generale e gli scontri col governo si sono allargati e le richieste del popolo sono andate ben oltre quelle iniziali. Ma perché protestano a Hong Kong? Proviamo a spiegarlo in pochissime parole: tutti sanno che Hong Kong è stata una colonia inglese dal 1842, ma forse non tutti sanno che nel 1997 la città-stato è diventata una Regione Amministrativa Speciale della Cina. Ciò significa che ha un sistema politico molto diverso dalla mainland (il famoso “una Cina, due sistemi”) e il suo ordinamento giuridico si basa ancora sulla Common Law inglese. Hong Kong non sarà Cina fino al 2047, quando dopo 50 anni, l’accordo con l’Inghilterra scadrà. Da lì in poi potrebbe succedere davvero di tutto, non solo a livello politico ma anche sociale.
La protesta a Hong Kong raccontata in tempo reale
I principali quotidiani online ignorano o danno poco spazio alla situazione, per questo sentiamo l’urgenza di raccontarvi cosa sta succedendo in città.
19 Novembre 2019
Ormai da giorni tutte le università che erano state occupate sono state sgomberate eccetto la PolyU, ovvero il Politecnico, situato a sud-est della penisola di Kowloon. L’istituto si trova in una posizione particolarmente strategica perché la sua occupazione ha consentito agli studenti di bloccare uno dei ponti che dalla terraferma portano alla Hong Kong Island, centro finanziario del paese.
Domenica notte sono iniziate seriamente le operazioni di sgombero da parte della polizia: prima hanno tirato migliaia di bombe di gas lacrimogeno, poi hanno usato i camion-idrante per ore contro i manifestanti che tentavano di scappare da quello che altrimenti sarebbe stato un assedio. Ma era troppo tardi: le forze dell’ordine avevano già bloccato tutte le uscite dell’università eccetto una. Allontanarsi senza arrivare dritto dritto nelle braccia della polizia era diventato impossibile.
Durante la notte di combattimenti sono stati operati centinaia di arresti; lunedì mattina all’interno del PolyU non si contavano più di 300-400 ragazzi.
Durante la notte sono stati arrestati anche decine di medici e infermieri che provavano a entrare nell’istituto, accusati di aver tra loro studenti infiltrati.
Oggi, martedì 19 Novembre, sono quasi due giorni che gli studenti non possono ricevere né cibo né acqua dall’esterno: la polizia li vuole prendere per fame.
Ieri sera alcuni ragazzi hanno trovato il modo di scappare calandosi con corde da un ponte (vedi video). Molti minorenni si sono invece arresi.
Lo stallo continua mentre nelle strade al minimo cenno di protesta la polizia reprime con violenza.
16 Novembre 2019
Il weekend inizia inaspettatamente in modo abbastanza tranquillo: durante la notte di venerdì, oltre alle occupazioni delle università, ci sono state manifestazioni e lancio di lacrimogeni in zona Mongkok ma nulla di particolarmente rilevante. Il risveglio del sabato mattina è invece molto amaro: sono infatti stati scoperti due cadaveri. Il primo, trovato all’interno del centro commerciale APM di Kown Tong sembra essere un pro-democracy e si parla di suicidio. Il secondo corpo sarebbe trovato invece fuori dall’uscita della metropolitana di Shek Kip Mei con il cranio fracassato.
I canali social che seguono la protesta in tempo reale (in particolare vi consigliamo la pagina Instagram standwithhongkongers) collegano quest’ultima notizia con un folto gruppo di attivisti Pro-Beijing che sarebbe arrivato dalla Cina a Hong Kong durante la notte: manifestazioni in favore della Cina, della polizia e contro i manifestanti sono al momento in corso nella zona di Admiralty (Hong Kong Island) e nei pressi della HKU – Hong Kong University.
Se volete saperne di più su come sono organizzati gli studenti che resistono all’interno delle università guardate nel profilo Instagram di Vice News la storia in evidenza chiamata Hong Kong.
15 Novembre 2019
La situazione è, solo all’apparenza, più tranquilla. Infatti gli scontri nelle strade al momento sembrano essersi placate, ma nelle università (esempio CUHK e Hong Kong Polytechnic University) la guerra continua. Perché parliamo di guerra? Solo ieri e nella sola CUHK sembra che la polizia abbia lanciato qualcosa come 2500 granate di gas lacrimogeno per “stanare” gli studenti che l’hanno occupata. Studenti che si difendono come possono: si sono creati catapulte artigianali e rispondono con archi e frecce trovati in loco. Durante le offensive più violente della polizia tantissimi civili sarebbero scesi in strada per distrarre le forze dell’ordine nel loro compito di reprimere la protesta.
In tutta HK ci sono punti di raccolta cibo da portare agli studenti nelle università. Gran parte degli istituti hanno chiuso l’anno accademico in anticipo.
Ci sono alcuni sviluppi anche sull’uomo che è stato incendiato il 12 Novembre: sembra per mano di un manifestante: stanno circolando diverse immagini e notizie contrastanti, come questa che riporto.
La didascalia in cinese dice che “mentre il governo di Hong Kong continua a dire che l’uomo è gravemente ferito, dopo l’incidente la persona sarebbe invece andata via camminando senza alcun problema”. Le voci parlano di una delle tante orchestrazioni del Governo per screditare i manifestanti.
12 Novembre 2019
Ieri gli scontri sono andati avanti tutta la sera e notte, in zona Central di Hong Kong Island. Addirittura un uomo è stato dato alle fiamme per cause ancora da chiarire.
Le metropolitane sull’isola sono bloccate da ieri. Oggi gli scontri continuano soprattutto nel quartiere di New Territories di Sha Tin, dove si concentrano molte università. In particolare dentro la CUHK è asserragliato un folto numero di studenti: la polizia sta tentando in ogni modo di sgomberarli, utilizzando soprattutto gas lacrimogeni.
10-11 Novembre 2019
Dopo la morte di Alex Chow (avvenuta il 4 novembre, come racconto sotto) la situazione è sempre più tesa: le grandi manifestazioni lasciano il posto a decine, centinaia, di piccole dimostrazioni che si estendono a macchia di leopardo in tutta la città. La polizia inizia a perdere la testa definitivamente e a utilizzare in modo sempre più massiccio la forza.
Stamattina a Sai Wan Ho un poliziotto ha sparato tre colpi a bruciapelo a due manifestanti; uno di loro è in condizioni critiche.
Segue il video che mostra esattamente ogni attimo della sequenza, non lasciando spazio all’immaginazione.
La mattina dell’11 Novembre un poliziotto per disperdere la folla durante una piccola manifestazione ha caricato decine di ragazzi con il motore d’ordinanza, tentando chiaramente di investirli. Anche in questo caso: non c’è spazio per l’interpretazione.
4 Novembre 2019
Uno studente di Hong Kong, Alex Chow Tsz-lok, cade misteriosamente da un parcheggio multipiano dopo una “carica” della polizia per disperdere i manifestanti. Muore poche ore dopo e diventa la prima vittima degli scontri. Anche Amnesty International interviene e chiede al governo di far luce sulla vicenda.
Perché si protesta Hong Kong
In vent’anni di amministrazione speciale Hong Kong ne ha viste davvero di tutti i colori, partendo dalla Crisi Finanziaria del 1997-1998 e arrivando alla celeberrima Influenza Aviaria. Già qualche anno prima del cosiddetto Handover of Hong Kong, ovvero il passaggio da Colonia Britannica a Regione Amministrativa Speciale Cinese, giornali, libri e cinema cantonesi hanno raccontato il terrore degli abitanti di finire in un “buco nero”, di essere assorbiti dalla mainland, perdendo non solo tradizioni e identità ma soprattutto la libertà (a Hong Kong, per esempio, non c’è la censura di internet presente invece in Cina).
Questa paura ha portato nel 2014 a una serie di manifestazioni durate tre mesi che hanno preso il nome di Rivoluzione degli Ombrelli. Cinque anni fa si protestava contro la decisione cinese di riformare il sistema elettorale di Hong Kong, con una conseguente “selezione” per mano cinese di quelli che sarebbero stati i candidati alle elezioni cantonesi.
A differenza di quelle del 2014 le proteste del 2019 sono state immediatamente molto violente (scontri con la polizia, stazioni della metropolitana, banche e negozi bruciati) e si sono intensificate anche dopo che Carrie Lam (Capo dell’Esecutivo a Hong Kong) ha ritirato la proposta di estradizione in Cina per chi veniva accusato di alcuni reati. A oggi le richieste di chi protesta (“Five demands, not one less”) sono: ritirare definitivamente il disegno di legge che prevede l’estradizione verso la Cina, dimissioni del capo dell’esecutivo di Hong Kong, inchiesta sulla brutalità espressa dalla polizia durante le proteste, rilascio di coloro che sono stati arrestati e maggiori libertà democratiche.
Mentre tra Agosto e Settembre tutto sembrava essersi sopito a Ottobre la situazione è degenerata, complice il “mask ban”, ovvero il divieto di manifestare con la faccia coperta. Non solo: sembra che continuino le ingerenze di Pechino nella protesta, che sembrerebbe assoldare persone per alzare la tensione. Spesso le stazioni della metropolitana vengono chiuse, per qualche giorno anche l’aeroporto non ha potuto operare e la polizia sta iniziando davvero a perdere la testa e a sparare per strada.
Come si vive a Hong Kong durante le proteste del 2019
Ci hanno scritto in tantissimi preoccupati per noi e la nostra incolumità: lo diciamo chiaramente, non c’è nulla di cui temere. La città è grande, enorme e se si sta lontani dalle zone calde non c’è assolutamente alcune pericolo. Certo polizia e militari in tenuta anti-sommossa e con i mitra spianati fan bella mostra di loro agli angoli di molte strade, spesso alcune fermate di metro sono inagibili, il traffico (soprattutto nel weekend) è bloccato a causa delle manifestazioni.
E non è raro che vi attraversi la strada un gruppo di manifestanti, giovanissimi, vestiti di nero, con la maschera a coprirgli il viso e con bastoni e mazze.
Ma lo ribadiamo: se non si entra nel vivo delle proteste non c’è alcun pericolo. Non abbiamo corso pericoli neanche ad Halloween, quando in cerca di un quartiere dove bere qualcosa e vedere i festeggiamenti, ci siamo ritrovati nel bel mezzo della “rivoluzione”.
Le strade sono coperte di graffiti, volantini e manifesti Anti-Chinazi, come si legge ovunque qui a Hong Kong.