cicloturismo * diabete tipo I * forza di volontà
Quando due persone compiono un’impresa straordinaria, e lo fanno con un intento di sensibilizzazione sociale non da poco, sentiamo il bisogno irrefrenabile di intervistarle. Chiara e Riccardo pedalano da Cesena a Singapore per dimostrare che il diabete non può essere un ostacolo.
C’è chi crede che viaggiare sia un lusso destinato ad un’elite di fortunati superuomini e chi decide di investire un anno della propria vita in sella ad una bicicletta (abbiamo intervistato anche Marcel, che ha pedalato in Europa senza spendere un soldo!), attraversando Europa, Medio-Oriente e Asia, urlando al mondo quanto sia bello e irrinunciabile cercare di placare la propria sete per la scoperta.
Quante fette di torta avrà mangiato Chiara, dopo aver pedalato tutto il giorno e aver domato il suo fabbisogno di insulina? www.forapieceofcake.com – Facebook – Instagram
Una prima domanda di presentazione… chi siete?
Chiara e Riccardo, siamo una coppia e insieme siamo fortissimi. Ci fermano solo le bakery e i cappuccini a bordo strada.
Riccardo – Sono nato e cresciuto in Via Valdagno, a Villa Chiaviche di Cesena. Facevo le impennate al campino davanti a casa e cercavo le cavallette nel fosso. Oggi ho 33 anni, sono un fotografo. Ho studiato a Milano, lavorato a Roma e quasi finito tre passaporti. In viaggio mi capita spesso di leggere la prima pagina del taccuino su cui prendo appunti, la pagina dove scrivi il tuo indirizzo caso mai la preziosa agendina venisse smarrita: “Via Valdagno” mi ricorda sempre cosa significhi avere delle radici, nonostante il mio perenne desiderio di essere nomade.
Chiara – Sono la Chiara, il mio pancreas ha smesso di funzionare correttamente nel 2001, all’età di 11 anni: diabete di tipo I. Da allora ha fatto un sacco di strada: dall’università in Portogallo a quella in Australia, passando per le onde dell’Indonesia e le case in terra battuta del New Mexico, fino ad arrivare alla laurea in ingegneria edile nel 2015. Mi piacciono le torte, specialmente se per mangiarle devo girare il mondo.
Come nasce la vostra idea e perché?
L’idea nasce da un precedente viaggio in bicicletta tra Italia e Grecia: 28 giorni trascorsi fra le scogliere croate e le sue città ricche di storia, fra i sorrisi degli albanesi, le baie del Montenegro e le isole greche. Non saremmo mai voluti rientrare, ma i doveri ci richiamavano a casa. Li abbiamo assecondati sapendo entrambi che presto avremmo escogitato una nuova via di fuga: ‘For a Piece of Cake’, per una fetta di torta abbiamo deciso di pedalare 18000 km tra Cesena e Singapore, questa volta per un anno.
La fetta di torta è un piacere scontato per molti ma non per tutti: Chiara ha il diabete di tipo I e i carboidrati sono un nemico da domare a colpi di insulina e pedalate. L’attività fisica, infatti, nelle persone diabetiche riduce sensibilmente il fabbisogno di insulina. Questo viaggio ci permette di sensibilizzare le persone che incontriamo o che ci leggono sul tema del diabete giovanile e insieme di passare un anno sui pedali tra due continenti.
Il diabete non è un problema o un ostacolo
Dicono: per viaggiare bisogna essere in forma e giovani: voi attraversate il mondo, in bici per giunta, e Chiara ha un bel problemino.
Noi siamo giovani, in forma e il viaggio nasce proprio per dimostrare che il diabete non è un problema o un ostacolo. Prima di partire abbiamo cercato la tecnologia che meglio ci consentisse di conservare l’insulina su una bicicletta. Il risultato è che Chiara pedala portando sul portapacchi posteriore un frigorifero passivo, i cui elementi, una volta congelati, tengono il medicinale alla giusta temperatura per 72 ore. Insieme a Medtronic abbiamo stabilito delle tappe a cadenza circa bimestrale per il rifornimento di presidi sanitari lungo il tragitto. Una volta definita questa parte tecnico/logistica, non resta che avere un occhio di riguardo per la glicemia e le sue oscillazioni: il ritmo della nostra pedalata è sempre dettato da ipoglicemie, iperglicemie e quantità di insulina attiva. L’occhio premuroso di Riccardo sulla salute di Chiara ha prodotto un equilibrio che è andato collaudandosi negli 11500 km che fino ad oggi sono scivolati sotto le nostre ruote.
Dicono, ancora, che ci vogliono soldi per viaggiare: quale è il budget totale per il vostro viaggio?
Non ci siamo mai obbligati a rispettare un budget di spesa giornaliero perché attraversando oltre 20 paesi le condizioni e il costo della vita sono stati estremamente variabili. Alcuni paesi e alcuni climi si sono prestati meglio di altri al campeggio – le spiagge della Bulgaria, per esempio, erano un approdo inevitabile alla fine delle nostre calde giornate sui pedali – consentendoci di spendere appena una decina di euro al giorno in due. Negli Emirati Arabi Uniti la spesa giornaliera è quasi quadruplicata, a causa dell’altissimo costo della vita e del precedente mese e mezzo di privazioni in Iran: a Dubai abbiamo ritrovato la cucina occidentale, la birra, i forni, la carne di maiale e non gli abbiamo saputo resistere, a volte anche a prezzi irragionevoli.
Abbiamo pernottato utilizzando il sito Warmshowers
Quando possibile abbiamo pernottato utilizzando il portale Warmshowers, dove persone di tutto il mondo si rendono disponibili ad ospitare cicloturisti senza chiedere nulla in cambio, se non la condivisione di esperienze e storie. In Iran, poi, venivamo quotidianamente invitati a casa da sconosciuti, alcuni emozionatissimi per il loro primo incontro con degli stranieri. Radunavamo tavolate di parenti e amici che accorrevano dai villaggi vicini per conoscerci e assicurarsi che ricevessimo il migliore trattamento possibile, il tutto comunicando a gesti e google translate (se la copertura di campo lo permetteva). Sicuramente, poi, l’aver lavorato per diversi mesi alla pianificazione del progetto, trovando partner che lo supportassero, ci ha aiutati a mitigare, un pochino, l’ansia-da-portafoglio che colpisce i backpackers/biketourers.
Programmazione: a che livello di dettaglio avete progettato? Conoscete già le strade da fare? Le tappe?
Assolutamente no, è impossibile partire per un viaggio di 18000 km con la pretesa di
seguire un itinerario preciso. Da casa abbiamo tracciato una linea grossolana che toccasse alcuni punti certi (dove ricevere i rifornimenti di medicinali) e alcune aree che ci incuriosivano, studiando solo la situazione socio-politica dei presunti paesi da attraversare e la valicabilità delle frontiere.
La realtà dei fatti, invece, ha stravolto da subito anche quella linea grossolana: a soli tre giorni di pedalata da Istanbul, il golpe militare di Luglio 2016 ci ha imposto di evitare la Turchia per sostituirla con Romania, Moldavia, Ucraina, Georgia e Armenia, stupendi fuori-programma. Poi di nuovo non siamo potuti passare attraverso il Manipur, India, a causa della situazione molto tesa dell’intera regione che confina con il Myanmar. I cambi di rotta, insomma, sono all’ordine del giorno.
Il tragitto, quindi, lo studiamo passo a passo chiedendo consigli alle persone del posto o ai cicloturisti che incontriamo e che sanno cosa sia una salita con 40 kg di bici e borse. Tendenzialmente evitiamo le grosse arterie stradali, ma anche le zone scarsamente abitate, dove potrebbe essere difficile trovare viveri e alloggio.
Spesso una delle cose piu divertenti è trovare da dormire, chiedendo in giro e passando la notte a casa di persone conosciute per strada. Ma spesso non sarà facile trovare un letto.
Ne abbiamo parlato anche sopra. Comunque la bicicletta è un po’ la nostra casa: all’occorrenza abbiamo sempre un tetto e un letto a nostra disposizione. Bastano 5 minuti di montaggio ed è subito casa!
Descriveteci la vostra giornata tipo in questo percorso: quanto pedalate? Prendete dei giorni off?
Solitamente ci prendiamo un giorno di riposo ogni cinque di pedalata, oppure uno o due
quando raggiungiamo qualche città interessante. La giornata tipo comincia attorno alle 6:30 (o più tardi se il clima ce lo permette) con una colazione molto abbondante – davvero molto! – per affrontare i chilometri con le energie necessarie. Attorno alle 7:30 abbiamo impacchettato le borse e lavato i denti e saliamo in sella. La mattinata è il momento migliore per pedalare per quanto riguarda le temperature, quindi cerchiamo di macinare almeno 60 km, tra una sosta ipoglicemia, una per controllare la direzione e qualcuna per bere. Per il pranzo ci fermiamo di solito in un ristorantino semplice e facciamo passare le ore di caldo insopportabile, magari lavorando ai social network o agli articoli che pubblichiamo periodicamente. Poi, con l’abbiocco postpranzo ancora in corso, tocca che ci rimettiamo in marcia per gli ultimi 15 o 20 km che mancano a destinazione. Di solito a pomeriggio siamo più lenti e assetati. Quando arriviamo nella cittadina prescelta cerchiamo una struttura per dormire e contrattiamo spietatamente, come solo 8 mesi fuori casa ci hanno insegnato a fare. Doccia e stretching e siamo pronti per fare due passi (quando non si campeggia, altrimenti tocca restare con l’attrezzatura a vista). Dopo cena a letto presto, il sonno per noi è fondamentale. La tappa più lunga finora è stata di 133 km, quella più corta di una trentina. In media, contando i giorni di stop, abbiamo pedalato 45 km al dì.