zona demilitarizzata * confini pericolosi * guerra di Corea
Michelangelo ha iniziato ad interessarsi alla DMZ (demilitarized zone) quando studiava per un esame di storia contemporanea all’università. E ne rimase affascinato. Poi, quando ha visto il film di Park Chan-wook J.S.A. – Joint Security Area (QUI la recensione), andarci è diventata una specie di fissa.
La DMZ è una striscia di terra larga 4 chilometri che percorre tutto il confine tra Corea del Sud e Corea del Nord. Separa i due stati e al suo interno non si possono schierare armamenti pesanti. L’ONU (United Nations Command) è il soggetto preposto al controllo e all’organizzazione dell’area: nella DMZ oltre al personale dell’ONU lavorano e operano militari della Corea del Sud e della Corea del Nord a seconda del paese in cui effettivamente ci si trova.
È stata creata nel 1953 dopo la fine della Guerra di Corea. Al centro della DMZ, 50 km a nord di Seoul, c’è la JSA (nel villaggio di Panmunjom), il luogo dove avvengono le trattative tra i leader delle due Coree. È il luogo che meglio rappresenta la tragedia della divisione di un popolo. Un viaggio a Seoul e in generale in Corea del Sud non è completo senza vedere la Joint Security Area: tutto il paese (anche se sarebbe meglio parlare di due paesi) vive costantemente con il ricordo della tragedia della guerra (per i più anziani) e l’ansia che il nord possa attaccare il sud. Per questo è ipermilitarizzato e investe ogni anno tantissimo denaro nella prevenzione, nella ricerca militare. Non solo: in Corea del Sud la leva è ancora obbligatoria e dura ben 18 mesi (qualche anno fa era addirittura di 21 mesi). Non è prevista obiezione di coscienza.
Con queste premesse capirete quanto sia importante recarsi nel luogo simbolo che rappresenta la spaccatura tra nord e sud: se viaggiate anche e soprattutto per capire un paese a 360°, sappiate che conoscere l’aspetto geopolitico di Seoul e dintorni è la chiave per interpretarne la contemporaneità.
E ora la fatidica domanda, che ci fanno in tantissimi quando ci scrivono per email o sui social network: “è possibile organizzare un tour della DMZ da soli? Come fare? Noi non vogliamo prendere parte a escursioni organizzate”.
In questo caso è assolutamente impossibile e vietato organizzare una visita autonomamente alla JSA in autonomia in quanto la zona è sotto il rigido controllo delle Nazioni Unite. Ora, spesso quando ci dicono: “non si può fare da soli, è necessaria una guida” noi non ci crediamo e ci avventuriamo senza seguire i consigli. E nel 90% dei casi non sbagliamo, perché è quasi sempre possibile organizzare in autonomia gran parte delle gite ed escursioni (con le dovute eccezioni). Ma in questo caso no. Si tratta di una zona militare, nonostante il nome faccia supporre il contrario (all’interno della DMZ non si possono schierare carri armati e simili, che infatti sono disposti nelle immediate vicinanze), nella quale è impossibile entrare se non con dei tour organizzati.
Le gite alla JSA-DMZ non si limitano a mostrarvi solo l’iconico confine tra le due Coree, ma vi condurranno in tanti altri luoghi cardine per capire meglio la storia del paese che state visitando. L’esperienza è forte e potrebbe portarvi a ripensare completamente alla fortuna che abbiamo avuto a nascere in un paese dove democrazia e libertà sono ancora alla base della vita quotidiana). Il numero di persone che ogni giorno possono accedere alla Joint Security Area è contingentato: per questo vi consigliamo di prenotare il vostro tour in anticipo. Quello organizzato da Civitatis è uno dei migliori sulla piazza.
La partenza è di prima mattina da Seoul e l’arrivo a Camp Bonifas, prima tappa, è dopo poco più di un’ora di autobus. Controllo documenti da parte di militari americani e poi un breve briefing su quello che avremmo visto.
Poi lei, la JSA: poche decine di metri quadrati in cui militari delle due coree si fronteggiano, guardando l’uno il confine dell’altro. Al centro alcune baracche in cui avvengono i colloqui tra le due nazioni. All’interno delle baracche soldati sud coreani, immobili come statue, e soprattutto la possibilità di varcare il confine, mettendo momentaneamente un piede in Corea del Nord.
Noi abbiamo davvero viaggiato mezzo mondo: siamo stati nei migliori rooftop bar di Bangkok e nelle peggiori slum di Delhi, abbiamo fatto il bagno tra le balene in Sri Lanka, camminato sulla Grande Muraglia Cinese e vissuto a lungo nella folle Tokyo. Abbiamo assaggiato ogni singolo piatto delle medine di tutto il Maghreb, fatto il bagno nel Mar Morto e amato la Grande Barriera Corallina dell’Australia… ma mai, e diciamo mai, abbiamo respirato un clima così surreale come nella DMZ. Surreale perché non è uguale a niente che abbiate o possiate mai vedere e sperimentare. Parliamo di un’esperienza fuori dal tempo e dallo spazio, un micromondo con regole tutte sue in cui un pugno di giovanissimi militare sono costretti a guardarsi in faccia tutto il giorno a meno di un metro l’uno dall’altro, senza potersi toccare o parlare. C’è un film, bellissimo, che racconta la JSA meglio di quanto potrei fare io, ed è diretto da Park Chan-Wook (di cui abbiamo accennato all’inizio di questo articolo): ecco la nostra recensione.
Le tappe successive sono meno interessanti dal punto di vista dell’atmosfera ma fondamentali per approfondire il clima e la tensione che si respirano da quelle parti: prima una visita al Dora Observatory, un punto strategico dove i militari del sud osservano quello che avviene nella parte nord della DMZ. Poi la Dorasan Station, ovvero l’ultima stazione della Corea del Sud, fino a qualche anno fa utilizzata per spostare merci e persone che ogni giorno facevano la spola tra i due paesi. Oggi la stazione è chiusa a causa di un incidente avvenuto in Corea del Nord ai danni di una turista del sud. E per chiudere il Terzo Tunnel: ovvero un lungo tunnel che il nord ha costruito sotto la DMZ e fino al territorio del sud (si pensa ce siano decine, ancora da scoprire). Terrificante pensare che sia stato progettato per far passare oltre 30.000 soldati all’ora, ma poco spettacolare se non per quello che rappresenta.
Nel primissimo pomeriggio l’autobus ci ha riportato in centro a Seoul, con la speranza di rivedere presto la JSA, ma dall’altra parte: è infatti possibile fare un tour simile, ma partendo dalla Corea del Nord… e deve essere davvero tutto un altro mondo.